a cura di EDGE

L’inclusione non solo è giusta ma genera ricchezza e benessere per tutta la comunità. È quanto emerge da una approfondita ricerca condotta dal think tank Tortuga e promossa dall’associazione EDGE, network della business community LGBTI+, che ha analizzato la correlazione tra inclusione e performance di sviluppo economico locale in Italia e in Europa. Si tratta di un fenomeno già studiato altrove, che si conferma anche nel nostro Paese.

Lo studio evidenzia, anche se con alcuni inevitabili distinguo, che le aree economicamente più prospere e attraenti sono anche le più inclusive. Livelli più bassi di disoccupazione e disuguaglianza vanno, quindi, di pari passo con un maggiore grado di apertura alla diversità.

I ricercatori di Tortuga hanno preventivamente costruito una matrice di misurazione del livello di sviluppo delle aree geografiche prese in considerazione ed un indicatore di inclusività, con particolare attenzione alle unioni civili, e si è visto come esista una reale “ricompensa” in termini di attrattività per i territori più inclusivi, non imputabile solo a fattori strettamente economici. Ne risulta che anche le aree o le comunità più ricche, se mancano di inclusività, incoraggiano un vero e proprio moto emigratorio, anche dei migliori talenti, verso zone più aperte, evolute e accoglienti.

I dati sono, ad esempio, piuttosto chiari rispetto alla mobilità, a sostegno della tesi secondo cui i luoghi maggiormente aperti verso l’esterno, quindi più propensi ad ospitare persone cresciute in contesti differenti e, contestualmente, più inclini a formare persone disposte ad allontanarsi dal luogo natio, tendano ad essere maggiormente inclusivi.

La statistica non consente ad oggi di stabilire con assoluta certezza se siano i territori più inclusivi ad attrarre capitale umano e, dunque, a diventare più ricchi nel corso del tempo o, viceversa, le aree più abbienti a diventare più inclusive grazie ad un maggiore benessere che si traduce in maggiore apertura.

L’osservazione dell’ambiente che ci circonda dimostra però che l’inclusività, già di per sé, rende più ricco il territorio e la comunità locale attraverso, ad esempio, il richiamo per nuove professionalità. Lo stesso è vero con riferimento al turismo, all’iniziativa economica, etc…

A queste evidenze se ne aggiunge un’altra che deriva dalla nostra ricerca: l’analisi mostra infatti come l’inclusività LGBTI+ giochi un ruolo positivo in termini di attrattività di un territorio anche al di là dei fondamentali economici dello stesso. Un territorio particolarmente attrattivo, a prescindere dall’inclusività, ha particolari benefici in termini di sviluppo economico presente e futuro.

A tale dinamica contribuiscono non solo le politiche pubbliche a livello nazionale e locale ma anche le scelte e le iniziative del tessuto imprenditoriale. Imprese più inclusive avranno, infatti, un impatto positivo in termini di capacità di lettura del mercato, capacità di risposta ai nuovi bisogni, attrattività verso i consumatori, migliori performance aziendali e degli individui. Avranno anche il potere di attivare maggiore benessere collettivo e trasformare i propri interlocutori, una maggiore capacità di accogliere e di offrire beni e servizi in grado di includere e rendere più attrattivo il contesto di riferimento. È vero per le grandi aziende ma è altrettanto e forse più vero per i piccoli e medi imprenditori e per gli artigiani che sono in grado di incidere direttamente sulla vita della comunità.

Questa dinamica ha importanti ripercussioni sul “sistema Italia” e sul proprio tessuto imprenditoriale. Nel Paese esiste un vero e proprio divario dell’inclusione fra territori. E sussiste un profondo divario fra l’Italia, le sue regioni ed il resto dell’Europa.

Rivalutare il principio di inclusività in termini di sviluppo economico e di sostenibilità significa dare pieno valore alla missione degli imprenditori, come creatori di ricchezza economica e di benessere collettivo, come generatori di cambiamento e di innovazione e protagonisti della vita della comunità.